Giocatore d’azzardo patologico, profilo ed aspetti criminologici di Roberto Colasanti

Riconoscere una persona affetta da disturbo da gioco d’azzardo, può risultare tutt’altro che semplice, al punto da sfuggire, soprattutto se non si è mai avuto a che fare con tale profilo di soggetto o con l’opportunità di indagare in tale ambito. Senza alcuna pretesa di giungere a formulare una diagnosi al riguardo che rimane di specifica competenza dello psicologo o dello psichiatra è bene che il criminologo investigativo sappia orientarsi anche in questo contesto al fine di non incorrere in marchiani errori di valutazione della vicenda criminale.
Alcuni aspetti comportamentali delle persone coinvolte nell’evento delittuoso devono spingere il criminologo investigativo ad approfondire le ricerche per acquisire gli elementi informativi necessari a confermare o smentire la sussistenza o meno del disturbo da gioco d’azzardo.
La situazione finanziaria della persona affetta da disturbo da gioco d’azzardo è sempre caratterizzata da un cronico e crescente stato di indebitamento e di conseguenza dalla spasmodica necessità di procurarsi danaro.
Il circuito bancario ha imparato ad individuare queste persone stilandone un profilo tipo in relazione ad alcune operazioni bancarie valutate come sospette, quali:
a) elevata frequenza di prelievi di contanti tramite sportelli Bancomat;
b) anticipo di denaro contante tramite la carta di credito (operazione particolarmente onerosa in
termini di commissioni e interessi;
c) ricorrenti pagamenti tramite Pos presso sale giochi e tabaccherie;
d) emissione di assegni bancari in favore di tabaccherie;
e) richieste di finanziamento con cessione di un quinto dello stipendio o della pensione;
f) utilizzo di carte prepagate ricaricate frequentemente onde non far risultare le evidenze di
gioco sul conto corrente;
g) richieste di finanziamenti sganciati dall’acquisto di beni e servizi con accredito del saldo sul
conto corrente per il successivo trasferimento della somma su una carta prepagata
h) sottoscrizione di effetti cambiali a garanzia di prestiti erogati da esercenti di bar o di sale
scommesse con domiciliazione delle cambiali su un istituto di credito diverso da quello
solito ;
i) rimborso del prestito attraverso la ricarica di una carta prepagata emessa a suo nome ceduta al creditore;
l) rimborso del prestito direttamente sulla carta prepagata intestata e/o in possesso del
creditore.
Le pratiche indicate dalla lettera g) alla lettera l) evidenziano altresì il concreto rischio che la persona affetta da disturbo da gioco d’azzardo entri in contiguità con ambienti e soggetti operanti in regime di clandestinità e illegalità ove è più facile rimanere vittima di ricatti e prestiti usurai.
Dal punto di vista psichico l’Istituto Superiore di Sanità, individua le persone affette da disturbo da gioco d’azzardo tra coloro che “ giocano d’azzardo frequentemente e ripetutamente, spinti da una necessità impellente di giocare, difficile da controllare, e hanno un’importante attrazione e concentrazione su idee e immagini relative al giocare e alle circostanze che si associano all’atto stesso. Questo comportamento arriva a dominare la vita del giocatore e porta al deterioramento dei valori e degli obblighi sociali, lavorativi e familiari. Il giocatore con disturbo da gioco d’azzardo può mettere a repentaglio la propria occupazione, indebitarsi per grosse cifre e mentire o infrangere la legge per ottenere denaro o evitare il pagamento dei debiti.” Il disturbo da gioco d’azzardo è un comportamento problematico persistente o ricorrente legato al gioco d’azzardo che porta a disagio o compromissione clinicamente significativi, per tale classificato nel 2013, dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) come dipendenza comportamentale. Il DSM è un sistema diagnostico che determina, per ciascun disturbo, una
soglia diagnostica che distingue i soggetti patologici da quelli che rimangono sottosoglia in quanto la sintomatologia non è sufficiente a configurare un quadro clinico chiaro. Per la diagnosi non è sufficiente che il gioco d’azzardo sia alla base di una serie di problemi, ma deve comportare una sufficiente rilevanza clinica. Tale rilevanza emerge dalla soddisfazione di almeno 4 criteri diagnostici sui 9 indicati di seguito, in un arco temporale di 12 mesi.
La persona affetta da questo disturbo:
1) Ha bisogno, per giocare d’azzardo, di quantità crescenti di denaro per ottenere l’eccitazione
desiderata.
2) È irrequieto/a o irritabile se tenta di ridurre o smettere di giocare d’azzardo.
3) Ha fatto ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o smettere di giocare d’azzardo.
4) È spesso preoccupato/a dal gioco d’azzardo (per es. ha pensieri persistenti che gli fanno
rivivere passate esperienze di gioco d’azzardo, analizzare gli ostacoli e pianificare la
prossima avventura, pensare ai modi di ottenere denaro con cui giocare d’azzardo).
5) Spesso gioca d’azzardo quando si sente a disagio (per es. indifeso/a, colpevole, ansioso/a,
depresso/a).

6) Dopo aver perduto denaro al gioco d’azzardo, spesso torna un’altra volta per ritentare
(“rincorrere” le proprie perdite).

7) Mente per occultare l’entità del coinvolgimento nel gioco d’azzardo
8) Ha messo in pericolo o perduto una relazione significativa, il lavoro, opportunità di studio e
di carriera a causa del gioco d’azzardo
9) Conta sugli altri per procurare il denaro necessario a risollevare situazioni finanziarie
disperate causate dal gioco d’azzardo.

Al criminologo investigativo è sufficiente capire se la persona coinvolta nelle indagini rientri o
meno nella suddetta categoria di soggetti in modo da vagliarne con rigore le dichiarazioni
rilasciate sia in qualità di persona offesa sia nelle vesti di indagato/imputato.
Il giocatore d’azzardo patologico non è una persona affidabile, nel tempo ha maturato una
notevole abilità nel dissimulare la realtà, ad inventare storie sempre più fantasiose volte a
giustificare il crescente stato di indebitamento e le continue richieste di prestiti indirizzate a
familiari, amici, conoscenti e colleghi di lavoro.
In Italia il gioco d’azzardo e le scommesse sono autorizzate sia in sale giochi fisiche sia su
piattaforme online offrendo al giocatore una valida alternativa ai tradizionali casinò, eppure i
giochi e le scommesse illegali continuano a proliferare come attestato dai molteplici interventi
repressivi operati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dello Stato sui siti web non
autorizzati. Di fatto il giocatore d’azzardo patologico fa ricorso ad entrambi i canali di gioco
pur di assecondare la propria dipendenza.
Il coinvolgimento di noti calciatori della seria A italiana ha acceso per un breve periodo i
riflettori dei media su un fenomeno per nulla marginale che tocca tutti i ceti sociali con gravi
ricadute socio-criminali, ma in ragione dello stratosferico volume d’affari le attenzioni sono
state ben presto rivolte altrove, tenuto conto che i principali concessionari di gioco e
scommesse investono consistenti cifre in pubblicità su giornali ed emittenti televisive. Lo Stato
Italiano d’altronde risulta impegnato più a incamerare la propria parte di profitti derivanti dal
mondo del gioco piuttosto che a informare in maniera efficace la popolazione sui concreti rischi
derivanti dal gioco o ad investire grossi capitali a sostegno delle strutture per il recupero dalla
dipendenza dal gioco.
In tale quadro di situazione lo scrivente si è recentemente occupato di un caso in cui il
querelante pur palesando gli elementi tipici del giocatore d’azzardo patologico non era stato
riconosciuto per tale dagli inquirenti. Tale errore di valutazione ha comportato l’apertura di un
processo basato esclusivamente sulla versione dei fatti fornita dal querelante tesa a scaricare le
responsabilità della propria situazione debitoria su una delle persone che in realtà l’aveva
maggiormente aiutato. L’accusatore in questione, un uomo di circa cinquant’anni, celibe,
convivente con l’anziana madre, occupato in modo discontinuo per via dell’incapacità di

mantenere il posto di lavoro con la conseguenza di percepire redditi al limite della soglia della
povertà, era uso: effettuare frequenti prelievi di contante al bancomat; chiedere finanziamenti a
varie società del settore; indurre la madre a finanziarlo mediante la cessione del quinto della
pensione; farsi dare soldi a prestito da familiari, conoscenti e colleghi di lavoro, senza mai
restituirli, propinando storie lacrimevoli.
Un minimo di adeguato riscontro avrebbe evidenziato che il querelante da anni spendeva i
pochi soldi che aveva, per il gioco d’azzardo come è emerso dalle indagini difensive svolte
presso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dello Stato dove il suddetto aveva aperto una
trentina di conti gioco presso altrettanti concessionari autorizzati. L’interesse per le scommesse
d’altronde scaturiva nitidamente anche dal profilo social pubblico che avrebbe dovuto
quantomeno spingere gli inquirenti ad approfondire gli accertamenti in sede bancaria dove il
predetto intratteneva un rapporto di conto corrente da cui sarebbe scaturito che lo stesso nel
periodo in esame non aveva mai posseduto gli oltre centomila euro che asseriva aver
consegnato alla persona accusata. L’acquisizione delle dichiarazioni dei redditi ne avrebbero
dato ulteriore conferma.

Roberto Colasanti

criminologo per l’investigazione e la sicurezza qualificato A.I.C.I.S. ai sensi della legge 4/2013

Master in Criminologia clinica e scienze forensi – Università Suor Orsola Benincasa di Napoli