Tribunale Roma, Sez. XIII, Sentenza, 10/02/2022, n. 2184 – AUTOVELOX – TARATURA – MANCATO DEPOSITO CERTIFICAZIONE – by Admin

Ai fini della legittimità della sanzione irrogata per la violazione di cui all’art. 142 , comma 8 C.d.S. , a seguito della rilevazione della velocità operata con apparecchi autovelox, non è necessario che il verbale contenga l’indicazione del certificato di regolare taratura dell’apparecchiatura con la quale è stata misurata la velocità, poiché la mancata menzione degli estremi di tale certificato non pregiudica i diritti di difesa del sanzionato, che può limitarsi a contestare l’effettuazione delle verifiche di regolare funzionamento dell’impianto, spostando sull’amministrazione l’onere di depositare la certificazione di taratura.

In via pregiudiziale si precisa che la presente sentenza viene redatta secondo lo schema contenutistico delineato dagli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., come modificato dalla L. n. 69 del 2009 , e quindi con omissione dello svolgimento del processo ed espressione succinta delle ragioni di fatto e di diritto della decisione ; si premette la conoscenza del ricorso in appello e dei motivi di gravame ivi contenuti nonchè degli atti e documenti del giudizio di primo grado , che qui integralmente si richiamano.
Ferma la tempestività dello spiegato gravame per essere stato proposto nel rispetto del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. (sentenza di primo grado depositata il 5 maggio 2016 e ricorso in appello depositato il 6 dicembre 2016 , tenuto conto della sospensione dei termini processuali nel periodo 1-31 agosto) , rilevata ancora in via preliminare l’ammissibilità dell’appello , per essere stato proposto in ossequio al dettato normativo di cui all’art. 342 c.p.c. , avendo parte appellante compiutamente indicato le parti della motivazione oggetto di doglianza , le norme di legge asseritamente violate e la loro rilevanza ai fini della decisione e formulato altresì un progetto alternativo di decisione, rileva il Tribunale che l’appello è fondato e merita accoglimento, avuto riguardo alle censure prospettate alla sentenza di primo grado , peraltro redatta in forma assai sintetica.
Invero il B. ha proposto innanzi al GDP di Roma opposizione avverso il v.a.v. n. (…) , notificato in data 5 ottobre 2015, con il quale venne accertato in data 28 agosto 2015 a mezzo apparecchio di rilevazione elettronica della velocità (il c.d. tutor) il superamento del limite di velocità (art. 142 /8 cds) sulla Via del M. nel tratto compreso tra il km 17+200 ed il km 15+550, ed elevata la sanzione di € 239,21, oltre la decurtazione di tre punti dalla patente.
Ha lamentato l’opponente che il v.a.v. era carente di elementi essenziali , quali la indicazione della omologazione dell’apparecchio nonché della taratura dello stesso e della relativa sottoposizione a verifiche periodiche di funzionalità; che la presenza del tutor non era stata segnalata da apposita segnaletica verticale ; che infine il v.a.v. oggetto di opposizione aveva violato l’art. 200 cds , non avendo gli agenti accertatori indicato tutte le circostanze fondanti la attività di accertamento , nonché l’art. 345 comma 3 disp.att. cds.
Il GDP ha rigettato l’opposizione , sostenendo che “Roma Capitale ha dimostrato che la contravvenzione impugnata è stata accertata con un sistema di misurazione correttamente omologato e regolarmente tarato , in base a corretti parametri di misurazione della velocità e su tratto di strada ove è presente apposita segnaletica che avverte la presenza dell’apparecchiatura medesima”.
Di poi va evidenziato che il primo giudice ha fondato la pronuncia reiettiva della opposizione sulla relazione contenente controdeduzioni fatta pervenire da Roma Capitale, dove si dava atto della avvenuta omologazione dell’apparecchio dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con Provv. n. 3999 del 24 dicembre 2004 e della attivazione del tutor a partire dal 25.7.2007 (Det.Dirig. n. 2363 del 24 luglio 2007).
Di qui il gravame proposto e fondato sugli stessi motivi di opposizione prospettati in primo grado.
Tanto premesso in fatto , occorre procedere all’inquadramento normativo e giurisprudenziale in materia di rilevazione elettronica della velocità e della valenza da attribuire al verbale che accerti a mezzo di apparecchiatura elettronica il superamento dei limiti di velocità , anche al fine di comprendere come si ripartisca l’assolvimento dell’onere probatorio tra il trasgressore e l’Ente impositore , allorquando il primo lamenti la omessa omologazione e/o taratura dell’apparecchio.
Nel caso che ci occupa , giova ripeterlo, si dà atto nel verbale di accertamento che la violazione è stata rilevata con il sistema di misura di velocità SICVE regolarmente omologato; nulla viene indicato quanto alla taratura dell’apparecchio e alla eventuale sottoposizione dello stesso a verifiche periodiche di funzionalità.
Occorre quindi accertare se sia sufficiente ai fini della legittimità della sanzione irrogata la menzione, nel verbale di accertamento, della regolare omologazione dell’apparecchio ovvero se l’Amministrazione sia tenuta a fornire la prova della omologazione , della taratura e della manutenzione dello strumento elettronico di rilevazione.
Il Tribunale ritiene di dover aderire alla seconda opzione.
Preme infatti evidenziare che ,quanto alla necessità di verifiche periodiche di funzionamento dell’apparecchio elettronico di rilevazione della velocità, la Corte Costituzionale , con sentenza n. 113 del 18.6.2015 ha dichiarato illegittimo l’art. 45 comma 6 D.Lgs. n. 285 del 1992 , nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento della violazione dei limiti di velocità dovessero essere sottoposte alle predette verifiche periodiche, e ciò sia con riferimento a sistemi a funzionamento automatico e con tecniche di autodiagnosi, che con riguardo agli apparecchi utilizzati con la presenza di operatori.
La mancanza di dette verifiche è infatti suscettibile di pregiudicarne l’affidabilità a prescindere dalle modalità di impiego, poiché qualsiasi strumento di misura, anche se elettronico, e gli stessi sistemi di autodiagnosi sono soggetti a variazioni delle loro caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati, dovuti all’invecchiamento delle componenti e ad eventi accidentali capaci di compromettere l’affidabilità, con potenziale compromissione anche della “fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale”.
A seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui sopra tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono, quindi, essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura, e, in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio, il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate (Cass. Civ. 533/2018 ), non essendo sufficiente che il verbale riporti che “la violazione è stata rilevata a mezzo apparecchiatura autovelox debitamente omologata” (com’è avvenuto nel caso di specie, dove peraltro nessun cenno viene compiuto nel verbale de quo in relazione alla avvenuta taratura dell’apparecchio).
Osserva il Tribunale che la prova del regolare funzionamento dell’apparecchiatura al momento della contestazione dell’infrazione non può ritenersi insita, o meglio, ricollegarsi al peculiare valore del verbale di accertamento, per contraddire il quale l’unico rimedio esistente è la querela di falso.
Nel giudizio di opposizione al verbale di accertamento, infatti, il predetto verbale fa piena prova fino a querela di falso solo e limitatamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni a lui rese (Cass. Civ. 6565/2007 ); evidentemente, il verbale non riveste fede privilegiata-e quindi non può far fede fino a querela di falso-in ordine all’attestazione, frutto di mera percezione sensoriale, degli agenti circa il corretto funzionamento dell’autovelox , allorché e nell’istante in cui ebbe a rilevare a carico del B. il contestato eccesso di velocità.
Applicando i principi di cui sopra il caso di specie, con particolare riferimento al valore probatorio da attribuire al verbale di accertamento nei termini sopra indicati, si osserva che la prova della omologazione e della taratura nonché della sottoposizione dell’apparecchio a periodici controlli di funzionalità avrebbe dovuto essere fornita dall’Ente impositore, ossia da Roma Capitale, che, invece, si è limitata a produrre in primo grado una relazione degli agenti accertatori ove viene fatto generico riferimento alla avvenuta regolare omologazione dell’apparecchio; nessun riferimento poi viene fatto alla taratura del medesimo.
Ai fini della legittimità della sanzione irrogata per la violazione di cui all’articolo 142 comma 8 codice della strada , a seguito della rilevazione della velocità operata con apparecchi autovelox, non è infatti necessario che il verbale contenga l’indicazione del certificato di regolare taratura dell’apparecchiatura con la quale è stata misurata la velocità, poiché la mancata menzione degli estremi di tale certificato non pregiudica i diritti di difesa del sanzionato, che può limitarsi a contestare l’effettuazione delle verifiche di regolare funzionamento dell’impianto, spostando sull’amministrazione l’onere di depositare la certificazione di taratura (Cass. Civ. 17574/2021 ).
In buona sostanza la prova della effettuazione della taratura, unitamente alla dimostrazione del compimento delle periodiche verifiche di funzionamento, deve essere fornita dall’amministrazione attraverso la produzione delle relative certificazioni (Cass. Civ. 11776/2020 ; 32369/2018 ; 9645/2016 ).
La Corte Costituzionale con la citata sentenza 113 del 2015 ha inoltre evidenziato la stretta correlazione che intercorre tra la previsione dell’articolo 45 D.Lgs. n. 285 del 1992 ed il successivo articolo 142, che attribuisce alle risultanze delle rilevazioni della velocità tramite apparecchiature elettroniche il valore di piena prova delle violazioni.
È tale disposizione che invero armonizza in modo razionale le esigenze della tutela della sicurezza stradale assicurata anche dall’accertamento delle violazioni e dall’irrogazione delle sanzioni, e le situazioni soggettive dei soggetti sottoposti alle verifiche, i quali, in sede di opposizione al verbale di contestazione, sono, di norma, gravati della prova del cattivo funzionamento dell’apparecchiatura. Tale onere probatorio trova fondamento nella presunzione di affidabilità del mezzo tecnico impiegato, che consente di non ritenere pregiudicati oltre un limite ragionevole la certezza della rilevazione e dei sottesi rapporti giuridici e i diritti di difesa del soggetto sanzionato (vedi ancora sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2015 ), fermo però che le rilevazioni della velocità mediante apparecchiature elettroniche possono assumere efficacia probatoria privilegiata solo se ne sia attestato il corretto funzionamento mediante la taratura ed il controllo periodico.
Proprio la verifica costante di tale affidabilità rappresenta il fattore di contemperamento tra la certezza dei rapporti giuridici e il diritto di difesa del sanzionato.
Il ragionevole affidamento che deriva dalla custodia e dalla permanenza della funzionalità delle apparecchiature, garantita quest’ultima da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche, degrada tuttavia in assoluta incertezza quando queste ultime non vengono mai effettuate (Cass. Civ. 5227/2018 ).
Pertanto , la mancata menzione degli estremi del certificato di taratura non pregiudica i diritti di difesa del sanzionato, il quale può limitarsi a contestare l’effettuazione delle verifiche di regolare funzionamento dell’impianto; a fronte di tale contestazione sarà l’amministrazione gravata dall’onere di depositare la certificazione di taratura.
Le contestazioni dell’opponente, odierno appellante, circa la mancanza di taratura e dei controlli di funzionamento afferisce direttamente all’idoneità della fonte di prova impiegata per l’accertamento dell’ infrazione, idoneità che l’amministrazione è tenuta a dimostrare.
Solo ove tale prova sia stata acquisita, l’opponente, per ottenere l’annullamento della sanzione, sarà tenuto a dimostrare che l’apparecchiatura era comunque malfunzionante ( Cass. Civ. 5227/2018 ).
Nel caso in esame, Roma Capitale non ha fornito prova né della omologazione né della taratura dell’apparecchio elettronico di rilevamento della velocità, essendosi limitata, come già detto, a depositare una relazione degli agenti accertatori.
Per le considerazioni che precedono (che costituiscono espressione del c.d. principio della ragione più liquida) , in riforma dell’impugnata sentenza, va annullato il verbale di accertamento di violazione sopra indicato nei suoi estremi.
Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 (scaglione fino ad euro 1100, valori medi, con esclusione della fase istruttoria per entrambi i gradi di giudizio, per € 265,00 per il primo grado ed € 440,00 per il secondo grado).
Il Tribunale in composizione monocratica in funzione di Giudice dell’Appello , definitivamente pronunciando , così provvede:
a) in riforma dell’impugnata sentenza, annulla il va.v. n. (…) , notificato in data 5 ottobre 2015;
b) condanna Roma Capitale alla refusione delle spese dei due gradi di giudizio in favore della parte appellante che si liquidano in euro 150,00 per esborsi, € 705,00 per compenso ex D.M. n. 55 del 2014 , rimb. forf. sp. gen. , IVA e CPA come per legge ;

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